Ed eccoci alla terza puntata: dopo aver visto copyright, copyleft e l'applicazione dei diritti d'autore nella legge italiana, parliamo finalmente di Creative Commons.
Creative Commons è il nome di un'associazione no-profit nata nel 2001, che si pone come scopo quello di diffondere la creatività, l'arte, la condivisione di idee e cultura, garantendo agli autori e agli utilizzatori specifici diritti. È basata, come è facile intuire, sulle teorie del copyleft di cui abbiamo già parlato.
Essendo stata costituita negli Stati Uniti, è chiaro che le applicazioni Creative Commons a livello internazionale devono, di fatto, scontrarsi con le legislazioni dei singoli stati. In Italia c'è un'apposita commissione al lavoro dal 2003 sulle possibili integrazioni delle licenze CC all'articolo 633/41 che regolamenta i diritti d'autore.
CC prevede quattro clausole:
- BY (attribution): permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano copie dell'opera o lavori derivati, a patto che venga mantenuto il riconoscimento all'autore dell'opera;
- NC (non-commercial): permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano copie dell'opera o lavori derivati, ma esclusivamente per scopi non commerciali;
- ND (no derivative works): permette che altri copino, distribuiscano, mostrino ed eseguano copie identiche dell'opera; non sono permesse alcune modifiche;
- SA (share-alike): permette che altri ricavino lavori derivati dall'opera, ma li distribuiscano esclusivamente con una licenza identica a quella dell'originale.
Dalle diverse combinazioni delle quattro clausole derivano sei possibili licenze CC:
- CC/BY (libero utilizzo dell'opera e dei lavori derivati, specificando l'autore originale);
- CC/BY-NC (libero utilizzo dell'opera e dei lavori derivati, per scopi non commerciali, specificando l'autore originale);
- CC/BY-ND (libero utilizzo dell'opera solo nella versione originale, specificando l'autore originale);
- CC/BY-SA (libero utilizzo dei lavori derivati, mantenendo la stessa licenza dell'opera originale e specificandone l'autore - ad esempio, è la licenza di Wikipedia);
- CC/BY-NC-ND (libero utilizzo esclusivamente dell'opera originale, per scopi non commerciali, specificando l'autore);
- CC/BY-NC-SA (libero utilizzo per scopi non commerciali dei lavori derivati, mantenendo la stessa licenza dell'opera originale e specificandone l'autore).
Basta andare sul sito di Creative Commons Italia, scegliere la licenza più adatta alla propria opera (a seconda che sia Audio, Immagini, Video, Testi o Materiale Educativo, sia stampati che web), specificare il titolo dell'opera e ottenere un'apposita stringa di testo da allegare al lavoro. Le istruzioni sono comunque più che chiare.
Di lavori sotto Creative Commons ce ne sono già una tonnellata. Dai video di Blip.tv ai lavori pubblicati su Deviantart, da numerosi libri di testo fino dall'ultimo album dei Nine Inch Nails (The Slip, 2008).
È facile cogliere le potenziali difficoltà dell'integrazione tra CC e la legislazione italiana. Se ricordate, per quest'ultima tutti i diritti sull'opera sono sempre riservati all'autore (articolo 13 e 18). Creative Commons, invece, prevede che alcuni dei diritti restino all'autore e altri siano volontariamente ceduti agli utilizzatori, in modalità diverse a seconda delle licenze: parla chiaro il motto di CC "Some Rights Reserved", contro il noto "All Rights Reserved" della maggior parte delle leggi internazionali sul diritto d'autore.
D'altra parte, per ottenere la paternità di un'opera la legge non rende obbligatorio alcun deposito del materiale presso un'istituzione (la SIAE, ad esempio); tale omissione permette, di fatto, l'autogestione dei diritti sull'opera (che, ricordo, si ottengono al momento della creazione dell'opera stessa) anche attraverso Creative Commons.
Ovviamente, di fronte ad eventuali contestazioni sulla paternità di un'opera il rischio di restare fregati è sempre elevatissimo, perchè nemmeno CC prevede alcun deposito dell'opera. Lo stesso sito di Creative Commons Italia, infatti, specifica che CC non genera diritti d'autore, essendo la fonte dei diritti l'atto della creazione come previsto dalla legge.
Se volete saperne di più, sul sito Creative Commons internazionale c'è una tonnellata di documentazione, oltre ai vari loghi delle licenze in formato svg, eps e png.
L'immagine in testa arriva da qui
mercoledì 22 luglio 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Confermo la questione dei CC.
Io ho una pagina su Deviantart e tutti i lavori sono sotto i CC come hai scritto.
Bisogna tener conto che DA è una vetrina per il designer per farsi conoscere.
Per un emergente la questione dei diritti riservati è anche un'impelagatura ulteriore con questioni legislative (che uno deve anche pagare) che andrebbero a complicare ancora di più la situazione di "stallo" che uno ha quando ancora deve farsi le ossa.
Quindi ben venga lo sharing.
Verissimo, Richard.
D'altronde, è superfluo dire che la monetarizzazione delle opere, in qualche modo, ne rallenta la diffusione. Sono il public domain, l'open source e il free le vere strade per distribuire velocemente e capillarmente i propri lavori.
Posta un commento