Dopo una visione generale della faccenda, in questo post proviamo ad addentrarci nel dedalo del diritto d'autore per la legislazione italiana, cercando di concentrarci in particolare sugli aspetti che possono riguardare il nostro mestiere. E quando dico dedalo, intendo proprio un labirinto senza apparente via d'uscita; tanto che la SIAE non la nomino nemmeno, perchè ne sarebbe risultato un post chilometrico (già così non scherza...). Inutile dire che le domande, in merito ai diritti d'autore, sono moltissime e tutte aperte.
La legge italiana (la 633 del 22 Aprile 1941, e successive integrazioni, tra cui le due normative europee 96/9 e 91/250) protegge "le opere dell'ingegno aventi carattere creativo": opere letterarie e scientifiche, composizioni musicali con e senza parole, arti figurative in genere, architettura, coreografie per teatro, foto e cinema. Sono anche protette (occhio, Sauro!) le traduzioni in un'altra lingua e i riadattamenti da una forma artistica ad un'altra. Seppur non specificate alla lettera, le produzioni grafiche (chiamiamole così: dal pieghevole al marchio, dal sito web al catalogo) rientrano di fatto nelle opere creative dell'ingegno.
Il diritto su un'opera viene generato al momento dell'atto creativo stesso (Capo II, Art. 6). In tal senso, quindi, per avere il diritto di paternità di un'opera non c'è bisogno di depositarla o registrarla presso la SIAE o qualunque altro organo ufficiale (il discorso è più complesso per le opere di utilità o i brevetti industriali, che invece hanno il loro Registro Brevetti... ma lasciamo perdere): basta averla fatta. Ma è chiaro che una registrazione ufficiale presso un'istituzione, in caso di controversie, rende più facile l'attribuzione della paternità. Insomma: non è obbligatorio, ma noi non garantiamo.
Il diritto d'autore prevede che l'autore stesso possa sfruttare in maniera esclusiva la propria opera: a lui e solo a lui spetta decidere riguardo pubblicazione, riproduzione, comunicazione al pubblico, distribuzione, traduzione, elaborazione, vendita, noleggio, prestito dell'opera e, naturalmente, eventuale cessione dei diritti.
Diritti morali.
Il diritto morale (Art. 20 e seguenti) su un'opera serve a tutelare la reputazione e il nome dell'autore, resta di proprietà dell'autore anche dopo la vendita o la cessione dell'opera e si articola in tre componenti: diritto alla paternità, diritto all'integrità e diritto al pentimento.
Il diritto di paternità di un'opera permette all'autore di esserne riconosciuto come artefice. In virtù del diritto di paternità, chi si attribuisce impropriamente un'opera altrui di fatto compie un furto. Meno grave, paradossalmente, l'attribuirsi un'opera altrui modificandola leggermente (fosse anche solo il titolo, o i colori): sarebbe plagio, punito meno gravemente del furto. Quindi, se proprio dovete usare un'immagine scaricata dal web senza chiedere il permesso, almeno 5 minuti di Photoshop investiteli.
Lo stesso diritto di paternità dell'opera permette all'autore di pretendere che il suo nome appaia chiaramente su ogni riproduzione, salvo diversi accordi (per esempio, se l'opera è creazione di più autori).
La seconda conseguenza diretta è il diritto all'integrità dell'opera. Ovvero, l'autore ha diritto che la riproduzione e la comunicazione dell'opera al pubblico avvenga in modo tale da conservare l'opera così come l'autore l'ha pensata, senza modifiche che pregiudichino la reputazione dell'autore o la percezione dell'opera da parte del pubblico.
Naturalmente, quando queste modifiche sono riconosciute e accettate dall'autore, quest'ultimo perde il diritto di impedire l'esecuzione o la distribuzione dell'opera modificata. E, di fatto, perde anche il diritto di pentimento.
Il diritto di pentimento, terza conseguenza, permette all'autore di comandare il ritiro dell'opera dal commercio se dovesse ritenerla lesiva della sua immagine o reputazione. Naturalmente, chiunque abbia acquistato i diritti di riproduzione o commercializzazione dell'opera deve in qualche modo ricevere un indennizzo per il danno. Questo è l'unico diritto d'autore personale e non trasmissibile agli eredi in caso di morte dell'autore.
Sulla durata dei diritti d'autore, auguri. La legge deriva dall'intersezione di leggi europee e statunitensi, e prevede una serie di clausole ed eccezioni da far paura. Diciamo che a grandi linee i diritti d'autore decadono 70 anni dopo la morte dell'autore. L'opera a questo punto diventa di pubblico dominio ed è utilizzabile liberamente, anche a fini economici, nel rispetto dei diritti appena descritti.
Un esempio pratico.
Immaginiamo un caso: un cliente mi fa progettare un catalogo. In virtù del diritto di paternità, do per scontato di poter apporre la mia firma sul catalogo. D'altronde, all'atto stesso di creazione la paternità del catalogo è già mia.
Mi resta il dubbio sulle bozze: anche prima delle versioni definitive, la paternità è già mia? Il problema non è da poco. Se il cliente prende una mia bozza inviata via mail (supponiamo, una singola pagina-modello per il layout, con dati e immagini ancora fittizie) e fa progettare il catalogo ad un altro grafico sulla base evidente del mio, è già plagio? In che momento la bozza acquista il titolo di opera, di creazione? Da subito? Anche fosse solo la scelta del font e di due colori da usare? Anche se la bozza in questione è un disegno abbozzato a mano su un blocco durante il brief con il cliente?
Proseguiamo: la tipografia stampa il lavoro. In virtù del diritto all'integrità dell'opera, verifico che sia stampato come da copia conforme. Firmo una bolla di consegna e ritiro le copie, che ancora non ho pagato. Le consegno al cliente, che non mi ha ancora pagato perchè si aspetta la fattura qualche giorno dopo.
A questo punto, l'opera è già ceduta al cliente? Con il catalogo l'esempio non è facile, ma prendiamo un logo. Se il cliente, al momento della cessione dei file esecutivi da poter utilizzare e del relativo manuale, cambia un colore al logo a mia insaputa e lo usa sul suo materiale promozionale in versione modificata, è di fatto una violazione del diritto all'integrità? Cioè, la mia opera così come l'avevo creata è stata modificata a mia insaputa: io detengo ancora il diritto di incazzarmi a riguardo, o no?
Torniamo al catalogo. Supponiamo che alla fin fine del lavoro il progetto non mi sia piaciuto per niente e io lo ritenga in qualche modo lesivo della mia immagine come professionista. Uno di quei lavori in cui, per intenderci, il cliente mi stressa di modifiche a tal punto da concedergli qualunque puttanata, incluso il Comic Sans e le immagini in bassa risoluzione.
Ci penso su e decido di ritirare le copie dal mercato, appellandomi al diritto di pentimento. Probabilmente dovrò pagare io la tipografia per le copie stampate, avendo essa in un certo senso acquisito, al momento della conferma di stampa, il diritto alla riproduzione autorizzata della mia opera; come tale, merita un indennizzo.
Ma il cliente che non ha ancora pagato, come già detto, è da intendersi come proprietario di un qualunque diritto in merito alla mia opera? Quindi devo o non devo corrispondergli un indennizzo per il ritiro della mia opera dal mercato, e il suo conseguente danno di trovarsi d'un colpo senza catalogo, magari a pochi giorni da una fiera importante? Serve un contratto che valga come cessione di diritti? O basta il mio preventivo firmato dal cliente?
E il fatto che io abbia accettato ed eseguito le modifiche in prima persona, e non siano state eseguite da un altro, in qualche modo dimostra che ho accettato le modifiche e, quindi, mi fa perdere il diritto di pentimento? Con queste domande in testa, mi getto a capofitto nel testo che riguarda i diritti di utilizzazione economica.
Diritti di utilizzazione economica.
In questa categoria rientrano, chiaramente, tutti i diritti relativi a: riproduzione in copie (anche digitali), distribuzione, trascrizione, distribuzione, traduzione, elaborazione, comunicazione al pubblico, noleggio e prestito. Sono tutti diritti facilmente cedibili mediante contratto, a differenza dei diritti morali sull'opera.
Nell'Articolo 12bis, sorpresa sorpresa, si parla di lavoro su commissione in caso di creazione di un "programma per elaboratore" (io continuo a preferire "software"). In caso di contratto di lavoratore dipendente e di lavoro svolto durante le ore retribuite o su istruzioni impartite dal datore di lavoro, il detentore dei diritti di utilizzazione economica (ma non quelli morali, si evince) non è l'esecutore, ma il datore di lavoro stesso.
Alla fin fine però non si parla di specifico di grafica nemmeno qui, quindi tutti i dubbi al paragrafo precedente restano di fatto aperti (perlomeno, per quanto ne capisca io).
L'articolo che si avvicina di più al nostro mestiere è quello relativo alla fotografia (Art. 88 e dintorni): i diritti di riproduzione e diffusione della foto spettano al fotografo ma, esattamente come nel 12bis, se il lavoro è svolto su commissione questi diritti competono al datore di lavoro. Curioso che in questo caso non si parli di contratto di lavoro dipendente, ma in generale di "impiego" o "lavoro": è dunque incluso anche un eventuale contratto di collaborazione come libero professionista?
E, se quest'ultime considerazioni fossero applicabili anche alla grafica, tutti i problemi del paragrafo precedente decadrebbero: io lavoro su commissione, quindi i diritti di utilizzazione economica sarebbero già del cliente in qualità di committente? Anche se non ho ancora ricevuto il compenso pattuito? Già a livello di bozza? E il diritto di pentimento che fine fa?
giovedì 16 luglio 2009
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