domenica 30 gennaio 2011

Masse Creative: free e-book sul crowdsourcing

Dopo mesi di lavoro, ce l'ho fatta: "Masse Creative - Il fenomeno crowdsourcing: rivoluzione o fregatura?" è pronto, in free download, a questo indirizzo (o dall'apposito pulsante qui in alto a destra). Il fenomeno del crowdsourcing creativo si sta imponendo nello scenario della creatività: masse di designer, di ogni livello di professionalità, accettano il rischio di non venire pagati e producono contenuti per grandi brand internazionali. Ne parlano i blogger, ne parlano le aziende, ne parlano magazine e quotidiani. E sempre più brand di portata internazionale (Google, Microsoft, Nestlé, Unilever, Honda, IBM, tanto per citare qualcuno) affidano i propri brief a community con competenze talvolta discutibili che condividono, votano, scambiano, collaborano, commentano. E (quasi) tutti sembrano felici di come funziona il meccanismo. D'altra parte, chi ha fatto del graphic design la propria professione, investendo tempo, risorse e denaro nella propria formazione continua, non può certo applaudire la possibilità di avere, tra i suoi nuovi competitors, anziani pensionati con la passione del computer o ragazzini sbarbati che smanettano in Photoshop. Non si può, insomma, fare l’idraulico di giorno e il direttore creativo la sera (non si può fare nemmeno il contrario, beninteso).

Chi ha ragione, dunque? C’è una fregatura? E se c’è, dove si nasconde? Il crowdsourcing creativo è davvero una guerra tra poveri? Che fine faranno i graphic-designer professionisti? Quale futuro è possibile per le agenzie di comunicazione? Questo libro contiene solo metà delle risposte alle domande. L’altra metà è contenuta nella maniera in cui il libro è stato composto e realizzato: data un’esigenza, interrogare tutti i punti di vista disponibili e lavorare per metterli insieme cercando di ottenere ed estrarre la migliore delle risposte. Una ricerca in crowdsourcing, quindi, sul mondo della creatività user-generated.

"Masse Creative" è diviso in quattro capitoli: nel primo si tracciano i confini del fenomeno tentando una definizione; di seguito, appaiono le interviste alle piattaforme di crowdsourcing Zooppa e UserFarm; nel terzo capitolo, si lascia spazio alle voci contro il crowdsourcing, in particolare al progetto No-Spec Work; infine, il resoconto dei dati raccolti durante un sondaggio tra gli utenti di Zooppa e il prezioso contributo di Ciro De Caro, il primo in Italia a veder trasmesso in tv il proprio spot dopo aver vinto un contest su UserFarm.

L'intenzione è presentare voci, commenti e opinioni di tutti i soggetti coinvolti: i gestori delle piattaforme di crowdsourcing creativo da una parte, i designer (professionisti o meno) che partecipano ai contest dall'altra; senza dimenticare il mondo dei creativi professionisti che accusa il crowdsourcing di scarsa competenza e poca etica. Il crowdsourcing è un fenomeno in corso, e tale dev'essere oggi ogni suo tentativo di analisi: "Masse Creative" è dunque un libro che propone risposte senza offrirle completamente, è un cantiere aperto, è un appello a nuovi contributi sull'argomento.

Inutile dire che attendo feedback! Buona lettura.

10 commenti:

ilpiac ha detto...

Leggerò con estremo piacere e interesse.
Per ora l'unico appunto è sul calcolo di pag.67 ;-)
Se facciamo equivalere 219.000 proposte a 219.000 ore lavorate, direi che son ben più di 25 anni di lavoro non pagato, anche a lavorare tutte le 51 settimane dell'anno. Diciamo che propenderei più per i 100 anni :-)

Pà ha detto...

Siamo sulla stessa lunghezza d'onda.. ;D
Sto scrivendo una tesi di laurea il cui titolo è "Crowdsourcing: opportunità o minaccia?"
Interessatissima al tuo libro!! ;)

OniceDesign ha detto...

@ilpiac: In effetti la stima è clamorosamente al ribasso... :)

@Pà: Attendo tuo nuove, fammi sapere della tesi e buona lettura!

ilpiac ha detto...

Il tempo è tiranno, purtroppo, ma sto leggendo "Masse Creative" pian piano.

Sul crowdsourcing io ho il pollice verso: sostanzialmente - per come è implementato in 9 casi su 10 - trattasi di gare/concorsi online (tant'è che spesso i singoli progetti vengono chiamait contest).
Identiche alle tanto vituperate (dalle agenzie e da tutti) gare offline. Nessun rimborso a chi partecipa e - troppo spesso - montepremi inadeguati (ovvio, secondo me) - rispetto a quanto richiesto.

In alcuni casi mi sono iscritto alle piattaforme per capire meglio i meccanismi e per vedere se - almeno in nuce - ci fosse qualcosa di buono cui appligliarsi e da sviluppare, purtroppo resto della mia idea: crowdsourcing = gare online.

I veri progetti "crowd" che mi piacciono sono questi, dove l'elemento sociale diventa veramente un plus: Give a minute! (http://www.giveaminute.info/), Quirky (http://www.quirky.com), Kickstarter (http://www.kickstarter.com/), solo per citarne alcuni.

Kickstarter è una vera bomba e i casi di studio eccellenti sono moltisismi. Peccato che sia disponibile solo per progettisti USA...
Un sito analogo e accessibile a tutti, Ulule (http://www.ulule.com/), è però meno gettonato forse perché si rivolge non solo a progetti creativi (e quindi comemrcialmente appetibili), ma anche sociali e umanitari.

Gabriele Russo ha detto...

Ciao!
Complimenti per il blog e per i tuoi lavori, per Gutenberg's World e soprattutto per il nuovo e-book. Ci voleva proprio in un momento come questo qualcuno che illustrasse i diversi aspetti di questo fenomeno che sta rovinando l'arte della progettazione. Lascerò comunque un commento più esaustivo dopo averlo letto tutto.

Una domanda:

Entrando in un'edicola mi sono imbattuto in GRAFICAMENTE, corso di grafica della DeAgostini per aspiranti designer. Io non credo che la comunicazione visiva possa essere insegnata a suon di fascicoli settimanali, vederla sezionata e data in pasto alla massa come fosse un hobby qualsiasi rischia secondo me di peggiorare la situazione.

Tu cosa ne pensi?

OniceDesign ha detto...

@ilpiac: il concetto del crowdsourcing, lo ribadisco, è assolutamente condivisibile: non avremmo Wikipedia, per fare un nome, né mille blog, manuali, guide e occasioni in rete. Il punto è che in ambito creativo NON BASTA avere un'idea: lo sviluppo e la realizzazione dell'idea sono processi complessi, che richiedono studio, conoscenza, esperienza - tutte cose che non possono essere date per scontate, né per gratuite o sottopagate.

@starlabdesign: Sui miei amici di Tiragraffi:
http://www.tiragraffi.it/strumenti/2011/01/la-grafica-la-de-agostini-e-altre-cose/
ho trovato un'interessante opinione della faccenda. Temo quello che temi tu, che la grafica diventi hobby e sia trattato come tale. Ma sospendo il giudizio in attesa di informarmi meglio :)

ilpiac ha detto...

@OniceDesign: sì, sì, d'accordissimo sul concetto che il crowdsourcing - che poi non è null'altro che una collaborazione a distanza resa possibile dal web - sia di per sé un mezzo potentissimo che ha reso realizzabili progetti altrimenti nemmeno pensabili; è che le implementazioni che vedo in giro sono sempre più deleterie per il buon nome del crowdsourcing stesso, almeno in ambito creativo...

Mi mette sempre un po' di tristezza pensare che in ambito creativo l'uso più diffuso che si fa di un nuovo mezzo/sistema, il crowdsourcing appunto, sia un uso "poco sociale" e soprattutto per nulla originale: contest/gare online. Bah.

pinomerenda ha detto...

ok, posso andare a nanna : )
ma prima ti lascio un feedback visto che... io può!

Hai fatto un bel lavoro, mi è piaciuta molta quella cosa piena di sarcasmo dei 16 punti :D mi è piaciuto anche quello che ti ha risposto cappe.

Personalmente la penso come te, credo che tutti la pensino come te.

Solo un punto hai affrontato poco, cioè che lo scopo (almeno x zooppa) di queste piattaforme non è quello di creare una pubblicità ufficiale per il brand di turno, non si conosce quasi mai il mezzo su cui verranno veicolate, questo dovrebbe farti pensare che il mezzo diventa la piattaforma stessa.

Se un giorno la chicco facesse un concorso in cui vince 5.000 euro il più bel disegno postato dai bambini sarebbe la stessa cosa, con grande delusione dell'altro community manager che pensa che le agenzie in futuro dovranno inventarsi qualcosa di simile :D possono farlo le aziende questo... lo fanno stanno già facendo.


Il fulcro di tutto, senondo me, non è lo sfruttamento del grafico frustrato, o mancato, ma la pubblicità che ne genera (non uso termini inglesi eh)
e penso che l'azienda non ci perderà mai.

Il professionista che partecipa è l'unico portato a perderci, come se mi mettessi io a fare un disegno per la chicco heheeh

La visibilità è una medaglia con due facce: son contento che tanti mi vedano se vinco, ma la matematica non è dalla mia parte ; )

...tardissimo...

cmq hai fatto bene a regalarcelo gratis (sghignazzo), te ne sono grato.

PS: Sono arrivato qui grazie ad un post nel forum di zooppa.

notte, anzi giorno!

Russell ha detto...

Decisamente interessante! Scaricherò il volume e lo userò sicuramente per integrare i contenuti della mia tesi di laurea, imperniata sui concetti di precarietà e cambiamento nel mondo dell'impiego creativo. Let's keep in touch!

Anonimo ha detto...

vorrei strutturare una tesi sulll'argomento tralasciando la visione della rivouzione o della minaccia del fenomeno stesso ma trattandolo come strumento strategico da parte dell'azienda che ne sfrutta la creatività. Sarei interessata ad un caso di studio specifico qlc di voi saprebbe indicarmene uno?
grazie