martedì 21 luglio 2009

Ipse Dixit: Stewart Brand

Nella rubrica Logout del magazine Wired (numero 6, Agosto 2009) leggo queste parole, che come il cacio sui maccheroni coronano la serie di ragionamenti in merito ai diritti d'autore (che, ricordo, mancano ancora del terzo capitolo sui Creative Commons, a cui sto ancora lavorando).
È impressionante scoprire che queste parole, così sul pezzo nel 2009, risalgono addirittura al lontanissimo 1985: fanno parte del discorso alla prima Hackers Conference di Stewart Brand, profeta della cultura digitale.


L'informazione tende per sua natura a scorrere libera. Tende anche a essere gratuita ma costosa allo stesso tempo. Ha bisogno di essere costosa, perchè vale molto. La giusta informazione al momento giusto ti cambia la vita. Ha bisogno di essere economica, perchè il prezzo da pagare per farla circolare si abbassa sempre di più.

Questa dialettica non si attenuerà mai. Porterà ad infiniti e logoranti dibattiti su costi, copyright, proprietà intellettuale e sulla moralità della distribuzione indiscriminata. E ogni nuova generazione di strumenti di diffusione renderà la tensione più acuta.

Quando dico che l'informazione è tendenzialmente un bene per tutti, intendo dire che è libea nel senso più ampio: non parlo solo di soldi, ma mi riferisco alla libertà di copiarla e adattarla ai propri bisogni.

Quando l'informazione è utile, ridistribuirla rende l'umanità più ricca: indipendentemente da chi la distribuisce e da chi la riceve. Una volta che l'informazione esce dal controllo di chi l'ha elaborata non c'è alcun modo di assicurarsi che non circoli. Anzi, tenderà a propagarsi nel modo più ampio possibile.

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