martedì 7 giugno 2011

Dolomiti, una storia italiana (pt. 1)


Andiamo con ordine: è lo scorso autunno 2010, e la Fondazione Dolomiti indice un contest per la realizzazione di un nuovo logo. L'occasione è ghiotta: le Dolomiti sono state riconosciute patrimonio dell'Unesco, e il nuovo logo dovrà quindi (cito dal bando, che trovate completo qui): "rappresentare evocativamente il concetto che le Dolomiti costituiscono Patrimonio mondiale naturale dell’UNESCO, […] esprimere il criterio geologico – geomorfologico che ha portato al riconoscimento, esprimere il criterio estetico - paesaggistico che ha portato al riconoscimento […]". Al contest partecipano 434 designer, con proposte delle più varie. Secondo il bando, la Giuria è composta da "cinque esperti in possesso di competenza nelle seguenti materie: design, marketing territoriale, comunicazione dell’immagine aziendale, paesaggio, cultura e arte moderna". Se volete segnarvi i nomi, eccoli: Marco Zucco, Cesare Micheletti, Renato Cracina, Martin Bertagnolli e Paolo Manfrini.

Trapelano le prime indiscrezioni quando la giuria sottopone il logo selezionate al CdA della Fondazione Dolomiti. L'Assessore Provinciale Alberto Vettoretto si sbottona: «E' molto bello. E sul logo c'è stata l'unanimità non solo della commissione, ma anche del CdA della Fondazione». Finalmente, a Novembre, il logo viene ufficializzato: uno skyline bianco (un po' montagne, un po' grattacieli) in campo rosso e la scritta Dolomiti nelle quattro lingue. A realizzarlo è stato Arnaldo Tranti, di Saint Cristophe, Aosta, di professione designer. Volete sapere quanto ha vinto Tranti? La bellezza di 30.000 euro (sì: trentamila euro), il premio stabilito.
Fin qui, sarebbe una storia italiana come tante altre. Senonché, alla pubblicazione dei risultati del concorso, il pubblico insorge a tutti i livelli: stampa, politica, web - basta cercare sulla rete per trovare pagine e pagine di critiche al designer e, soprattutto, alla giuria che lo ha proclamato vincitore. Qualcuno arriva a dire: «Sembra disegnato col Commodore 64» e persino «Sembra l'invito a cementificare anche le Dolomiti».
«Povere Dolomiti, Dolomieu si starà rivoltando nella tomba. Questo marchio – dice il sindaco di Pieve di Cadore Maria Antonia Ciotti –non dà la dimensione di quanto sia bello il nostro patrimonio dell'Umanità». Il capogruppo della Lega nord a Belluno, Silvano Serafini, rincara la dose: «Mi sembra di vedere una televisione difettosa». Il presidente della Provincia Gianpaolo Bottacin non può permettersi di dire che è una cagata, e se ne esce con: «Al di là del marchio, l'importante è che ci sia un unico ombrello per le Dolomiti e che con questo si potrà fare promozione». Al di là del marchio? 30.000 euro di premio e "al di là del marchio"?
Il sito Mountainblog indice persino un sondaggio. Rispondono in quasi 500: il 63% dice che "è inadatto ad esprimere le Dolomiti"; per il 30%, invece, è semplicemente "brutto".

Il colpo di grazia lo dà Oliviero Toscani, uno che ultimamente è diventato la brutta copia di se stesso ma che, a colpi, raggiunge livelli di lucidità inaspettati: «Si, li ho visti i loghi. Chi era la giuria? Anzi, glielo dico io. Erano per caso politici ed esperti di marketing? Questi elaborati sono di una povertà mortificante. Fanno schifo. […] Si vede che sono stati selezionati da gente che lavora nel marketing. Gente incompetente che farebbe meglio a cambiare mestiere». E ancora: «Sono come tre rotoli di carta igienica, uguali l'uno all'altro. Non ce n'è uno meglio o uno peggio, fanno schifo tutti e tre. La rovina della pubblicità è il marketing. I loro esperti sono masse di incompetenti che hanno creato dei lavori buoni per dei subumani. Quegli stessi subumani che poi sono chiamati a valutare cos'è l'estetica, cos'è l'arte. E' molto triste, ma questi sono i risultati. E si vede».

Nel mezzo delle polemiche, Tranti prova a spiegare il suo logo con una lettera inviata alla stampa: «È su questa tesi che il marchio prende forma, lasciando aperta questa speciale e unica ambiguità visiva: Dolomiti come costruzioni. Le Dolomiti non sono solo Natura. C’è anche l’uomo. Lui le abita e le vive e oggi si assume un’enorme responsabilità per continuare a godere della loro straordinaria bellezza. Ecco quindi che quell’elemento “urbano” che traspare e che ad alcuni da fastidio, ci racconta che quelle cime saranno osservate da occhi attenti, nel loro percorso di tipo naturale e antropizzato, tutelate e aiutate.»

(domani la seconda parte)
(sì, perché non è ancora finita)

1 commento:

daniele ha detto...

Forse Dolomieu si rivolta nella tomba soprattutto per la foto che avete scelto per parlare delle Dolomiti, cioè il Fitz Roy, che si trova nelle Ande della Patagonia...