lunedì 11 gennaio 2010

These are the days of our lives

C'è poco da fare: spesso le faccende più poetiche sono anche le più semplici. Pensate ai calendari: ne siamo circondati. Ce li regalano le banche, i fornitori, i clienti; ne abbiamo nel telefono, sul palmare e sul computer; la nonna ci propina tutti gli anni quello di Frate Indovino o quello con le ricette della tradizione; sono in allegato a libri, riviste, quotidiani. Pensate a quanta poesia c'è nel fissare, catalogare e scandire il tempo: da millenni e per millenni, recuperando le famose 24 ore ogni 4 anni, avanti verso l'infinito (o, per chi ci crede, fino al 2012). L'intera umanità scandisce allo stesso modo i giorni: magari li chiama con nomi diversi, o conta gli anni partendo da basi diverse: ma il tempo, quello no, quello è la convenzione umana per eccellenza.

Calendari in giro se ne sono visti parecchi, come ogni anno: alcuni brutti, altri pessimi, pochi geniali.. A breve andrò a sbirciare quello mitico di Fontegrafica alla prima presentazione ufficiale (prometto opportuno reportage); nel frattempo, gustatevi questa collezione raccolta da Hongkiat.

A qualcuno invece il tempo non deve proprio piacere. E, giorno per giorno, brucia un fiammifero per ricordare la vita che si spegne (c'è del cinismo, lo so).

A vincere il premio Best Calendar 2009 agli European Design Awards, invece, è questo progetto di Yurko Gutsulyak per Huggies. Un calendario da tavolo molto colorato, in cui la scansione dei giorni è tracciata da due forme di piedi infantili, colorati a seconda della stagione. L'idea, a leggere l'analisi dello studio, è di rappresentare la crescita e lo sviluppo del bimbo, momenti nei quali Huggies è sempre al suo fianco. Sarà, ma addirittura la Medaglia d'Oro...

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