Come promesso, riprendo il tema dell'Arte contro il Design che avevamo affrontato qualche tempo fa per alcune precisazioni.
La dicotomia presentata da John O'Nolan ha un difetto di fondo, secondo me: vede il design come processo quasi esclusivamente produttivo, e non creativo. È pur vero che gli scopi del design sono tutt'altro che catartici: creare brand, vendere prodotti, promuovere servizi o eventi, sono attività che hanno più a che fare col vil denaro che con il piacere dell'arte.
E tuttavia, non si può negare (punti 1. e 4.) che il design non sia creatività, che non richieda talento e ispirazione, insieme a tecnica e competenze. Se così non fosse, nessun designer avrebbe mai prodotto novità nel mondo, limitandosi ad un mero ri-utilizzo delle tecniche a disposizione, ad un'applicazione da manuale di tecniche codificate. La frase finale di Craig Elimeliah, in questo senso, è raccapricciante: paragona il design ad un qualunque lavoro di ingegneria dove, date delle istruzioni (e chi le dà, queste istruzioni, di buon grado?), si ottiene sempre lo stesso risultato.
Al contrario: l'innovazione è necessaria parte del (buon) design, e la creatività è motore primo dell'innovazione. E la competenza del designer si misura proprio in questa capacità di leggere le esigenze del cliente, interpretarne la storia e creare strumenti di comunicazione adeguati.
Lungi da me il voler giudicare l'artista o il designer facendo a gara tra chi è più creativo. Sono due modi di applicare creatività: tant'è che ridurre l'arte a semplice procedimento di auto-liberazione o di auto-propaganda, a monologo delle proprie opinioni, è allo stesso modo riduttivo. L'arte è un movimento che coinvolge, in qualche modo, anche la percezione e l'interpretazione dell'opera da parte dell'osservatore. Dice bene Rob Bowen: senza l'interpretazione che ciascuno dà dell'opera d'arte, essa resta un lavoro stagnante. Per essere arte, l'opera deve connettersi con qualcuno, deve essere tradotta nel suo significato per l'osservatore.
Il design -ed è forse qui la vera differenza tra i due- non va interpretato. Va letto, va capito, magari interviene sulle medesime corde dell'arte (leggi: emozione, curiosità), ma se deve muovere ad una medesima azione (che sia comprare un prodotto o fidarsi di un brand) non può essere interpretato diversamente. L'efficacia del design è dunque nella sua universalità di linguaggio.
(Visto che era piaciuta, riprendo ancora un'opera di Felice Varini in testa)
martedì 3 novembre 2009
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