giovedì 12 gennaio 2012

Creatività, brutto mestiere

Claudia Neri di Teikna Design aggiunge il suo contributo (dopo quelli di Accattino e Hastie) alla discussione sulla creatività in Italia. Non fatevi ingannare dall'apparenza: tra le righe del noto ritornello "in Italia fa tutto schifo, andiamo all'estero", Claudia sottolinea alcuni aspetti fondamentali del nostro mestiere.

Primo fra tutti, l'ignoranza dei clienti italiani per ciò che riguarda il design, la creatività, il nostro mestiere. Proprio l'Italia, che ha dato i natali a straordinari designer del passato e del presente, che ha fatto del design "Made in Italy" una marca apprezzata e amata all'estero, è in realtà vittima di un sostanziale paradosso.
Da una parte, l'Italia è nota per il gusto estetico e l'amore per il bello (l'arte, la moda). Dall'altra, sono pochissimi i clienti italiani pronti ad investire in qualità, innovazione e risultati in termini di design.

Combattiamo una guerra tra poveri, dove l'ignoranza di tutti gli aspetti tecnici e concettuali propri del designer genera una naturale diffidenza nei nostri confronti: se non siamo famosi, allora vendiamo aria fritta. Dove il designer, che costruisce identità, brand vision, linee guida per la marca, è visto più come uno "che fa i siti", o che al massimo "fa la pubblicità". C'è confusione: chi fa cosa? E cosa è importante per la mia azienda?

Manca una leadership – culturale e professionale – che guidi il Paese verso un design intelligente, strutturato, importante e riconosciuto. Mancano i clienti coraggiosi e consapevoli, pronti ad investire davvero. Il risultato è che spesso gli stessi designer si adeguano alle prospettive al ribasso, banalizzando la propria offerta sia in termini economici che, soprattutto, di qualità: in un circolo vizioso che è destinato, purtroppo, solo a peggiorare.

(Grazie Chiari!)

4 commenti:

Roberto ha detto...

Il problema vero sta nell'autorevolezza del Designer. In un Paese d'improvvisati come il nostro, nel quale il primo che si compra un computer dice di saper fare grafica, comunicazione e fotoritocco,è chiaro che cercare di spiegare al committente la propria professionalità diventa complicato.

Questo è il motivo per il quale il Cliente utilizza il Designer per lo più come operatore al computer e non come consulente.

Ma quanti Designer saprebbero giustificare il lavoro che stanno elaborando, non sulla base di personalissime e opinabili scelte estetiche, ma su precisi obiettivi di marketing?

Quanti sono i Designer che scelgono la strada più facile per ultimare un progetto che è quella di obbedire alle richieste del Committente (il marchio più in grande, il giallo non mi piace, cambia il font, ecc.)?

Prima di dare la colpa ai Clienti, facciamoci un bell'esame di coscienza.

OniceDesign ha detto...

Sante parole, Roberto, altroché.

ilpiac ha detto...

Concordo con Roberto.
Ergo bisognerebbe sforzarzi di:
1) giustificare le proprie scelte, quindi sforzarsi di creare dei razionali che siano, appunto, razionali e non pura fuffa (quando non vengano evitati del tutto, perché se si fanno scelte personalissime o a caso non si può certo collagerle a un razionale)
2) difendere le proprie scelte anche e soprattutto di fronte a richieste ingiustificate e ingiustificabili
3) cercare di parlare una lingua comune con il cliente e - ove non esista - crearla.
"Educare" il cliente è un investimento (lo metto tra parentesi perché non vuol dire che il cliente sia ignorante tout court, ci mancherebbe) ma indubbiamente risulterebbe tempo speso bene, per sé e - più in generale - per tutto il settore della creatività/comunicazione.

CyberLuke ha detto...

Boh, è un discorso che, a solo pochissimi anni dai suoi prodromi, sembra già vecchio di secoli.
Non ho davvero molto da aggiungere, o da commentare: è un po' come la storia dei nostri politici: sono ladri, cialtroni, ruffiani e bugiardi, però è così e tutte le chiacchiere del mondo non servono a mandarli a casa (visto che al patibolo per crimini contro l'umanità, purtroppo, non ce li possiamo mandare).
Il design e la grafica in iItalia (ma non solo) è (ridotto) così, e ce lo teniamo così.
Almeno finché tutti noi non abbiamo bollette, affitti, mutui e famiglie a cui far fronte.
Se potessi (mo) lavorare per la sola "arte" (virgolette d'obbligo), le cose cambierebbero non dall'oggi al domani, ma dall'oggi all'oggi: potete credermi.

E, no, il pensiero che tante altre categorie sono conciate così e mica solo la nostra non mi fa sentire meglio.