Erik Spiekermann (1947) dovrebbe dirvi più di qualcosa. Il suo nome è legato a doppio filo all'intera storia della tipografia (intesa nel senso inglese del termine: il design di caratteri) moderna. Negli anni ha disegnato font che tutti conosciamo (ITC Officina, Meta, FF INfo, per citarne tre), vinto premi prestigiosi internazionali (l'ultimo, di quest'anno, è il Lifetime Achievement Award consegnatogli dal German Design Prize), lavorato per grandi clienti (Audi, Volkswagen e Heidelberg, ad esempio) e scritto tonnellate di libri di design. Il magazine di tipografia Codex, sul suo primo numero (primavera 2011) riporta un interessante articolo di Spiekermann sull'eterno scontro carta-monitor, con (ovviamente) un certo focus sull'aspetto del carattere. Ve ne riporto alcuni estratti che ho trovato particolarmente illuminanti.
Dalla metafora alla maturità
Erik Spiekermann
Ogni medium ha sempre imposto nuovi limiti ai caratteri. […] Guardando da vicino la Bibbia di Gutenberg, si resta stupiti dallo scarso dettaglio dei caratteri: ci sono crateri, graffi, mancanze, puntinature, che non si notano a distanza di lettura. Oggi invece, sulla moderna carta patinata per stampa offset di qualità, il carattere deve essere necessariamente preciso e ben definito […] La tecnologia in quanto tale, oggi, ci permette di avere persino più risoluzione di quanto il nostro occhio effettivamente sappia cogliere.
Ma proprio quando sembrava che la stampa non potesse migliorarsi ulteriormente nella risoluzione, ecco arrivare il tubo catodico. Tutta l'alta definizione conquistata nei secoli sulla carta, si è rivelata inutile di fronte ai bit rossi, verdi e blu dei monitor. All'improvviso, i caratteri sono tornati ad essere delle specie di rozzi cubetti di Lego se confrontati con la qualità raggiunta da Gianbattista Bodoni all'inizio del XIX secolo, molto prima della stampa offset.
[…] Come sempre, all'inizio di una nuova era, siamo costretti ad imitare la tecnica precedente mentre cerchiamo di adattarci ed esplorare le nuove possibilità a disposizione. […] Insieme alla nostra percezione, anche parametri culturali come la presenza o meno di una letteratura, l'abitudine alla lettura e la paura di cambiare ci danno motivazioni sufficienti per imitare il vecchio percorso anche quando le strade sono nuove. Ma dopotutto, leggiamo meglio ciò che leggiamo più spesso.
Ciò che era maturo e formato in un medium, impiega sempre del tempo a diventare altrettanto maturo in un nuovo medium. Pensiamo ai libri elettronici, come l'impressionante Apple iPad: l'e-book è presentato come la riproduzione di un libro classico su carta; persino il passaggio da una pagina all'altra è accompagnato da un'animazione e dal rumore che mimano l'azione reale. Tuttavia, man mano che le pagine vengono girate, lo spessore delle pagine lette e di quelle da leggere resta il medesimo. La metafora appare dunque per quello che è: una bugia digitale.
Le metafore sono utili, perché ci permettono di ignorare quello che c'è davvero sotto il lucido schermo dell'e-reader. In qualche modo, si presume che siamo abbastanza stupidi da non notare la differenza tra una pila di pagine di carta incollata e un pezzo di plastica che funziona a batterie. Ma se il pubblico volesse davvero simulare elettronicamente l'esperienza della lettura fino in fondo, perché non darle anche l'odore dell'inchiostro e dei vecchi libri?
Da una parte, insomma, abbiamo forme morbide di alluminio, design di prima classe ed impressionante tecnologia. Dall'altra parte, i bookshop online usano la metafora degli scaffali di legno, per far apparire gli e-book più vecchi di quanto in realtà siano. […] Il web, da parte sua, sta pian piano raggiungendo lo stesso livello di dettaglio tipografico che siamo abituati a vedere sulla stampa tradizionale. Non solo possiamo oggi visualizzare a schermo virtualmente qualunque carattere disponibile, ma presto nuove righe di codice ci permetteranno di utilizzare legature, maiuscoletti e segni che già gli stampatori del XV secolo avevano introdotto nei loro libri. Se solo qualcuno inventasse una batteria che possa durare tanto quanto la carta.
domenica 2 ottobre 2011
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2 commenti:
Le riflessioni di Spiekermann sono sensate, anche se talvolta sfiorano la banalità.
La realtà è che viviamo in una transizione continua, e più lenta di quello che in molti vogliono farci credere.
Ricordate tutte le chiacchiere sugli uffici paperless?
Erano chiacchiere, per l'appunto. Negli uffici gira ancora moltissima carta, esattamente quanta ne girava prima, ad occhio e croce.
La carta è un supporto che avrà sempre una marcia in più rispetto qualsiasi monitor a definizione iperbolica potranno inventare.
Non credo che sparirà mai, non in questo secolo, almeno.
Men che meno i libri: da quando ho l'iPad, ho letto parecchi libri tradizionali, e solo due ebook. Ma c'è gente che sta iniziando (o ha già iniziato) a fare il contrario.
Non c'è ancora una vera tendenza, secondo me... stiamo ancora cercando di capire cosa possa fare al caso nostro.
Ma una pacifica coesistenza dei due media (cartaceo ed virtuale) attualmente la vedo la cosa più sana.
In effetti, quando la tecnologia introduce un nuovo strumento, il vecchio non sparisce dalla sera alla mattina, ma si attua proprio la pacifica convivenza di cui parli. È successo per cd contro musicassette, blu-ray contro dvd, primi computer contro macchine da scrivere e calcolatori, e continuerà a succedere.
Non so se la carta sia destinata a sparire: se pure è auspicabile che lo sia in determinati settori (la burocrazia istituzionale, per dirne uno, o l'archiviazione dei dati), il piacere di un libro "fisico" per ora è irrinunciabile anche per un tecnologo sfegatato come il sottoscritto.
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